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Ciclopasseggiando in Valle Olona
Cairate


 

 

Fagnano Olona

Il punto segna anche l'ingresso nel territorio di Cairate al Km 8,6. Cinquecento metri più avanti,  in prossimità della vecchia scuola materna, una strada in leggera salita, percorribile anche in bicicletta, porta a uno dei paesi più ricchi di storia della Valle Olona. Simbolo del paese è il Monastero di Santa Maria Assunta, luogo di inestimabile valore, ricco di storia e leggende, da anni al centro di un importante opera di restauro che si avvia verso la conclusione.

Monastero di Santa Maria Assunta

Fondato secondo la tradizione in epoca longobarda, tuttavia già prima che divenisse monastero il sito era abitato. Secondo gli esiti dei recenti scavi archeologici il grande terrazzo naturale che si affaccia sull’Olona oggi occupato dal monastero era, in epoca romana e tardoantica (I-VI sec. d. C.), una grande fattoria.

La tradizione affida al leggendario personaggio di Manigunda il merito di aver fondato il cenobio femminile in seguito a una miracolosa guarigione da una presunta malattia di reni. La giovane nobildonna longobarda, il cui padre possedeva terreni a Cairate, bevve l’acqua miracolosa della fonte di Bergoro e celebrò l’avvenuta guarigione con la fondazione del monastero. Il nome di Manigunda ancor oggi visibile impresso sul cartiglio dell’arco Settecentesco che costituiva l’antico accesso al complesso monastico,  è stato tramandato dalla tradizione locale come quello della leggendaria fondatrice del monastero.

Le sepolture privilegiate di uomini armati  rinvenute con i recenti scavi archeologici e datate metà VI- metà VII sec., confermano, da un punto di vista storico, la presenza longobarda e lasciano a Manigunda i soli onori della leggenda. E’ infatti visibile una tomba a vasca corredata da un affresco recante soggetti tipici della simbologia cristiana: un bicchiere d’acqua, una croce latina, un pavone stilizzato simbolo di immortalità. Un’altra  tomba invece è una struttura in lastre di pietra di riutilizzo: la  copertura riporta la croce  astile a più braccia terminali della stessa tipologia rinvenuta in altri siti del Seprio (Arsago, Castelseprio).

Ma il grande potere politico-economico del monastero di Cairate si registra successivamente, in pieno Medioevo, quando nel 1176 l’esercito imperiale di Federico Barbarossa risulta acquartierato nei pressi del borgo e probabilmente lo stesso imperatore passò nella foresteria del monastero la notte precedente la battaglia di Legnano. Il chiostro che noi oggi vediamo tuttavia, risale al Quindicesimo secolo a conferma del sempre rinnovato potere economico-politico esercitato dal monastero benedettino sul territorio. A quest’epoca risale anche l’ala del monastero denominata di San Pancrazio oggi sede del municipio.

La chiesa annessa, acquista dimensioni sempre più ampie per rispondere alle esigenze di una comunità monastica sempre più numerosa. La badessa Antonia Castiglioni commissiona ad Aurelio Luini, figlio di Bernardino, il Ciclo della Vergine che campeggia sulla parete di fondo della chiesa interna ed ancor oggi ben visibile in seguito allo strappo che ne ha permesso il recupero. La raffinatezza della badessa Castiglioni è  confermata dalla recente scoperta di quella che doveva essere la sua stanza privata e denominata la sala della musica decorata da pregevoli affreschi di strumenti musicali ed animali esotici.

La storia del monastero attraversa i secoli, ma alla fine del Settecento, con l’avvento di Napoleone, il bene viene sottratto al controllo religioso e, nel tempo, rivenduto a privati che, incuranti   del valore artistico, lo trasformano in abitazione in nome di esigenze pratiche. Tra i cittadini di Cairate, c’è chi ancor oggi ricorda la propria infanzia tra le stanze del monastero divenuto abitazione o i pomeriggi dedicati al ricamo con le suore dell’Immacolata Concezione d’Ivrea che furono tra gli ultimi proprietari (metà anni settanta). Grazie ad amministratori locali illuminati che hanno riconosciuto il valore storico artistico del bene, è iniziato dalla metà degli anni Settanta del Novecento la graduale acquisizione del bene e quindi il recupero.

Visitare oggi il monastero è un’esperienza unica, un viaggio nel tempo attraverso diverse epoche: ognuna ha lasciato un segno ed anche il recente restauro offre, attraverso le diverse soluzioni di recupero e riqualificazione di spazi e strutture, un’ ulteriore occasione di dialogo tra presente e passato. Entrare nel chiostro è un’esperienza suggestiva  e coinvolgente; aggirarsi tra le colonne in arenaria osservando capitelli dai soggetti curiosi e inaspettati, o scoprire lo stemma dell’antica famiglia locale, i De Cairate, può essere addirittura divertente…

Dal centro del paese, parte una pista ciclabile in direzione della frazione Peveranza, Una volta arrivati qua, si prosegue lungo la viabilità ordinaria fino all'altra frazione, Bolladello, dove vale la pena di arrivare per una visita a San Calimero

San Calimero

Il culto di san Calimero è piuttosto antico: Calimero fu il quarto vescovo di Milano e visse alla fine del III° secolo d. C. Il Santo, tradizionalmente legato all’acqua, sarebbe stato ucciso a pugnalate e gettato in un pozzo dai pagani che vollero in questo modo vendicarsi, con una sorta di contrappasso, poiché il vescovo battezzava anche chi non desiderava convertirsi. E’ anche probabile che questa sia una leggenda ispirata dal fatto che durante una ricognizione, le spoglie del Santo furono trovate immerse nell’acqua, pertanto, accanto al suo sepolcro fu costruito un pozzo ancora oggi visibile presso la chiesa di San Calimero a Milano. L’acqua di quel pozzo cominciò ad essere distribuita ai milanesi in periodi di siccità e addirittura le vennero attribuite potenzialità taumaturgiche e non solo gli infermi ne bevevano ma, quando la siccità minacciava il raccolto, fra solenni preghiere, se ne attingeva un secchio e la si riversava sulla campagna riarsa per invocare la pioggia. Se dunque la tradizionale Festa di San Calimero dovesse essere bagnata….  Cè una ragione ben precisa

Esiste anche un ritornello che allude al santo e al suo martirio: “San Calimer, in fond al pozz, che ai bravi fieu al ghe da i caramei “(San Calimero in fondo al pozzo che ai bravi bambini dà le caramelle…) e che i milanesi erano soliti cantare il giorno della festa del santo: il 31 luglio.

Dal Liber notitiae sanctorum Mediolani si apprende che la fama del santo si diffuse e, al principio del 1300, c’era un altare a lui dedicato presso una chiesa di Bolladello nella Pieve di Gallarate. A tale periodo dunque risale una delle prime attestazioni del culto del santo nel nostro territorio.

Più tardi venne il culto della Madonna nella medesima chiesetta. Questa volta la storia è ambientata nel Settecento quando, in un freddo inverno, una nobildonna ebbe un incidente passando con la sua carrozza ai piedi della collina, scivolando sul ghiaccio della vicina fontana. In segno di riconoscenza per lo scampato pericolo, la donna volle donare alla chiesetta il prezioso dipinto che ancora oggi vediamo esposto in occasione della festa e viene portato in processione il giovedì sera per la vie del paese. La chiesa dunque è stata denominata chiesa della Madonna di San Calimero e la devozione al Santo e alla Vergine si sono legati in un vincolo indissolubile.

 E’ tradizione che le mamme affidino i loro bambini alla Madonna di San Calimero e li portino proprio qui a muovere i primi passi girando attorno alla chiesetta.

Secondo un’altra ipotesi invece, il culto di San Calimero non sarebbe da ritenere quello originario ma la chiesetta potrebbe essere stata sin dal principio denominata della Madonna Kalimera, ossia della Madonna del Buon giorno, infatti in lingua greca buon giorno si dice proprio “kalimera” e la nostra chiesetta è rivolta ad est e riceve la prima luce del mattino. Tale ipotesi è sostenuta dalla presenza a Bolladello di missionari orientali, per la precisione greci, in epoca longobarda. La tradizione legata a San Calimero è comunque radicata sul territorio come dimostra anche la presenza, nell’Ottocento, di un’osteria in via Cavour denominata di   San Calimero e della quale è conservata l’insegna in ferro battuto recante l’immagine dipinta del Santo.

Ma… San Calimero ha a che fare forse con il pulcino nero di Carosello? Il famoso fumettista e disegnatore Carlo Peroni, in arte Perogatt,  dovendo realizzare nel 1963 una puntata di Carosello per la Mira Lanza inventò la storia del pulcino nero che andava in cerca della sua mamma  e finiva per imbattersi in una gallina con un seguito di pulcini, la quale gli spiegava che lei non poteva essere la sua mamma dato che lui era nero mentre i suoi piccoli erano completamente bianchi. Avvilito, il pulcino nero arrivava nei pressi di un mastello dove la famosa Olandesina lo prendeva e lo immergeva delicatamente nell’acqua dicendogli che lui non era nero, ma solo sporco.

Carlo Peroni dice che  a questo punto aveva bisogno di un nome che facesse rima con “nero” da dare al suo pulcino e gli  venne in mente Calimero perché tutti i giorni, per arrivare presso gli studi della Pagot Film a Milano, passava per la via chiamata via San Calimero, quella dell’omonima chiesa.

Rientrati lungo la pista ciclopedonale, il territorio di Cairate offre ancora diversi spunti interessanti. Al Km 9,4 infatti, si passa sotto il viadotto di via Mayer Sally, la strada Provinciale che unisce il paese a Tradate e Gorla Maggiore. Per anni, fino all'apertura dell'autostrada Pedemontana, è stato l'unico ponte ad attraversare la Valle Olona. Subito dopo, la vallata si apre per arrivare a uno dei luoghi simbolo, dell'unione tra passato, presente e futuro. Dopo essere stata a lungo sostegno economico della zona, la cartiera Vita-Mayer è infatti diventata simbolo del decadimento locale. Oggi, dopo anni di abbandono e tentativi andato a vuoto, è in atto un ambizioso progetto di recupero.

Cartiera Vita-Mayer

La cartiera Vita Mayer di Cairate è attualmente una area dismessa di 414.823 mq, ma sino al 1975 fu un importantissimo centro di occupazione della Valle Olona. Costruita nei primi anni del '900, la cartiera testimonia l'importanza e l'impatto che ha avuto il settore industriale lungo le rive dell'Olona durante tutto il secolo. Il fiume ha fornito alla popolazione locale la sua forza motrice e le risorse idriche necessarie per lo sviluppo della valle. Per questo motivo e per la sua storia molti letterati italiani definiscono l'Olona come fiume di civiltà.

Questo tratto del corso d'acqua, tra Cairate e Lonate Ceppino, già nel '700 fu una zona molto produttiva, si hanno testimonianze di mulini nei pressi di Cairate e di piccole cartiere nel territorio di Lonate Ceppino. Enrico Vita nel 1897 assembla tutti questi piccoli stabilimenti in una unica grande società, la Cartiera Enrico Vita & C. La più conosciuta denominazione Vita Mayer, viene dal fatto che negli anni successivi uno dei figli eredi di Enrico Vita si sposò con Sally Mayer, membro di una importante famiglia industriale torinese. La società, nonostante le guerre e l'emigrazione forzata della famiglia ebrea Mayer dovuta alle leggi razziali fasciste dell'epoca, ebbe uno sviluppo industriale progressivo. L'importanza della cartiera raggiunse l'apice negli Anni '50, quando questa riuscì a dare lavoro a 2.500 operai.

Per ampi tratti della sua storia il sito fu servito dalla ferrovia della Valmorea (di cui i binari ancora oggi si possono osservare). Molti degli stabili dei 68.971 mq di superficie coperta hanno un valore architettonico considerevole poiché sono costruzioni con oltre cinquant'anni di età.

Si possono incontrare ottime panoramiche dell'area sul viadotto di Cairate e dal rione Barlam durante la stagione invernale, poiché durante l'estate la folta vegetazione è protagonista nella valle. La rigogliosa flora del Parco RTO fa da contorno al degrado dei giganteschi stabili, in un quadro nel quale, per gli abitanti del luogo, regna un sentimento di nostalgia a ragione del deterioramento e dell'abbandono di una zona che per tutto il secolo è stata immagine di sviluppo e progresso economico.

Nel tratto successivo, protagonista diventa la Ferrovia della Valmorea. A pochi metri di distanza infatti si trovano due reperti tanto preziosi quanto unici. Al Km 10,5 una piattaforma girevole per i treni dell'epoca impreziosisce una zona di sosta. Proseguendo lungo il perimetro della cartiera, al Km 10,8 si incontra un serbatoio per l'acqua, prezioso per rifornire le locomotive a vapore.

Subito dopo, il percorso è interrotto per qualche centinaia di metri nella sua conformazione di sede protetta e prosegue a ridosso della via Per Lonate su una sede asfaltata, sempre separata ma molto più stretta. È quindi doveroso porre la massima attenzione agli altri passanti e soprattutto ad alcuni passi carrai poco visibili. Una curva a destra introduce a una breve salita necessaria a superare l'Olona, prima di attraversare la strada urbana, molto trafficata e con passaggi di veicoli a forte velocità.

 

a cura di Serena Gatti e della Pro Loco di Cairate

Lonate Ceppino

 

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