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Voci da Naturandia - Itinerario n. 9
Castelseprio-Castelseprio

 

 

 

 

 

Indice

Torba - parcheggio di via Cesare Battisti – Castelseprio Casello n. 5

Uscire dal parcheggio di Torba ed entrare nella ciclopedonale di fianco alla piccola Trattoria Torba, dove un sorriso delle proprietarie è sempre gentilmente servito.

Qui cresce una piccola colonia di bambù e davanti a noi il lungo rettilineo della ciclopedonale. La bacheca fornisce ulteriori indicazioni sul percorso. Robinie e salici bianchi fanno da confine tra la pista e il grosso campo di fieno appena tagliato, mentre a sinistra crescono degli enormi arbusti di biancospino: veri e propri alberi ricoperti di fiori.

Le foglie rosse di un pruno delimitano il frutteto sottostante, a ricordare l’uso nei millenni di questi coltivi. Pensate che “nel 1463 Pietro Pusterla, un importante personaggio politico della zona… ricevette licenza dalla Duchessa Bianca Maria Visconti di aprire una roggia derivata dall’Olona, per irrigare la grande prateria in Torba e località seguenti, vasta più di mille pertiche. In quel tempo la rendita dei prati era ritenuta superiore alle altre terre, comprese le vigne, fonti certe di altri redditi…”. Luigi Carnelli - Il fiume Olona, le acque, la storia, i mulini

Là, oltre il campo, la vegetazione ci lascia immaginare il corso dell’Olona e l’esistenza del Mulino Taglioretti dal 1603 al 1910 (quando si trasforma in attività produttiva). L’ edera stringe in un soffocante abbraccio un grosso albero e vale la pena ricordare quanto scritto da esperti: "Assecondare la preferenza che alcune specie, in particolare rapaci sia diurni sia notturni, dimostrano nello scegliere piante sempreverdi o avvolte dall’edera. Questo probabilmente permette loro di occultare maggiormente il nido. Il rampicante inoltre ha un altissimo valore ecologico per molti altri animali". Tosi G. e Zilio A., 2000. Progetto SIT-FAUNA

Sul ciglio della ciclopedonale un grosso ciliegio selvatico, quasi sfiorito, cresce tra arbusti di fusaggine o berretta del prete e corniolo sanguinello. Sui campi verso il fiume, coltivazioni di photinia, abete rosso ed altre essenze arboree ed arbustive. Sul lato opposto, crescono robinie, noccioli e molte felci che abbelliscono il sottobosco. Il terreno su entrambi i lati della ciclopedonale è ricco di acqua: lo dimostrano le estese colonie di aglio ursino e la presenza di platani e ontani neri.

Anche qui la fallopia japonica spadroneggia (qualche anno fa, in questa zona, la vedevo solo sulla discesa della fontana di Castelseprio).
Un grande acero americano è già pieno di foglie ed è in compagnia di molti altri esemplari, anche pianticelle appena spuntate. Da Castelseprio scende il Refreddo, un breve ruscello formato da una sorgente, che confluisce alla destra del fiume. Quasi certamente alimentava la fontanella ora distrutta e persa tra la vegetazione, con grande disappunto del Signor Farè di Fagnano Olona e mio.

Nascosta tra la vegetazione, zampillava acqua limpida e bagnava il terreno sottostante, creando una zona umida ricca di ontani e piante igrofile. Tra le piante erbacee lungo la pista, le foglie pungenti di un cardo e gli esili steli con capolino di fiori bianchi chiamati erba lucciola.

Sopra di noi un gruppo di rumorose cornacchie sta scacciando o attaccando un rapace dalla coda lunga e le ali a falce. Riesce a sfuggire grazie al volo molto più veloce e meno goffo delle rivali. Sulla destra, appena dentro il bosco, un grosso masso di conglomerato è ricoperto da muschio e licopodio, con una pianticella di primula ormai sfiorita. Nel sottobosco la presenza di molte felci.
A sinistra un ontaneto (ontano nero denuncia la presenza della roggia molinara proveniente dall’ex Mulino Zacchetto, che si ricongiungerà alcune centinaia di metri più a valle col fiume Olona.

Il Mulino Zacchetto, uno dei due mulini di “Vico Seprio” (l’altro, dei Lepori, a Lonate Ceppino), inizia la sua storia nel 1546 con 3 rodigini e passa di proprietà in proprietà fino ad assumere, nel 1730, la denominazione che ancora resta: Mulino del Zacchetto (gestore del mulino) dei Lambertenghi (proprietari). Nel 1869 il mulino viene ristrutturato e passa di gestore in gestore.

Dal 1896 al 1919 passa di società in società. Dopo la seconda guerra mondiale il Mulino Zacchetto (toponimo inalterato per due secoli), vide l’introduzione di una nuova ruota. Attualmente gli edifici sono in stato di avanzato degrado.

Avvicinandosi, si nota l colore rosso-arancio dei tronchi tagliati di ontano (chiamato per questo l’albero della morte o, come li chiamavano i bambini della Valle quando giocavano a spezzarne i rami, “sanguinelle”).

Raggiungiamo la roggia e, guardano verso nord, si notano le sagome di un altro gruppo di ontano nero e di alcuni grossi salici bianchi. Il prato, inzuppato dalle frequenti piogge e già di carattere “umido”, è pieno di pozzanghere. Ciuffi scapigliati di erba lucciola con le piccole infiorescenze bianche spuntano tra la vegetazione bassa in mezzo a sassi e muschi.

Si percorre la ciclopedonale fino a quando si incontra un’altra stradina sterrata a sinistra: vale la pena dare un’occhiata da vicino al grande frassino che spicca imponente nella piccola macchia boschiva formata da altri frassini, aceri, noce nero, olmi, robinie e noccioli. Se volete riposare, una panchina naturale (forse un pezzo di conglomerato staccatosi dal versante vallivo con altri massi accanto) è lì pronta ad accogliervi. Un gruppo di olmi sulla destra segnalano i binari della ferrovia Valmorea che si stanno attraversando.

Ammirato il frassino e gli altri alberi che formano un piccolo pezzo di bosco, si torna indietro ma, invece di raggiungere la ciclopedonale, proseguire verso le costruzioni che si vedono a sinistra. Qui il terreno è molto umido, come raccontano i salici bianchi vicino ad un traliccio arrugginito ed abbattuto e come confermano le foglie di gigli d’acqua. Infatti, poco più avanti, segnalato dalla presenza di un unico bellissimo ontano nero, a sinistra c’è un piccolo fontanile: il fontanile del Crotto. Presumo che la sorgente originale si trovi poco più a monte, sotto i salici e i gigli d’acqua.

Questa pozza d’acqua riesce sempre ad incantarmi: con i riflessi, spesso rotti dal salto di qualche ranocchia (cap. 8) infastidita dalla mia presenza e con la presenza di questo bellissimo, solitario ontano.

A questo punto si possono seguire due alternative di percorso. Il primo per gli avventurosi muniti di buone scarpe e pantaloni lunghi, a seguire la roggia. Il secondo, tornare sulla ciclopedonale.

Per il primo Percorso roggia, sSeguite il piccolo corso d’acqua che esce dal fontanile, facendo molta attenzione a non inciampare su rovi o monconi di tronchi che affiorano. Nell’acqua limpida della roggia vivono tantissime rane: non riesco a distinguerne la colorazione né il gracidìo, ma è tutto uno spiccare salti e nascondersi sott’acqua.

Noto con piacere la “fioritura” di un bel ciuffo di carice spondicola e, tra l’erba alta, spuntare un ciuffo di giunco. Al di là della roggia, un tronco di ontano che, seppur malandato, è certamente utile: le sue radici (che ospitano tra le nodosità un fungo microscopico), servono a migliorare il suolo arricchendolo di azoto e sostanza organica. Ai suoi piedi, un mucchio di ramaglie abbandonate, pronte ad essere travolte e riportate in acqua a fare danni.

La roggia scorre tranquilla, nel suo percorso ondulato, sempre costeggiata da ontani, platani e noccioli e con un sottobosco verdissimo.
Aglio ursino), equiseto e giunco denotano la presenza dell’acqua: non sbagliano mai! Vicino ad un manufatto di cemento, un tubo metallico fa da fontanile, con l’acqua che affiora lentamente in superficie, allagando, come ce ne fosse bisogno, anche il prato lungo la roggia dove queste pianticelle vivono.

Diventa impossibile proseguire lungo la roggia e conviene tornare, riattraversando i binari della ferrovia Valmorea, sulla ciclopedonale.
Solo per poco…, poi si scende nuovamente verso la roggia, con i riflessi di altri ontani che ci meravigliano ancora. Fanno da sfondo il vasto prato verdissimo e la vegetazione del pendio di Lonate Ceppino. Carici nell’acqua e gigli d’acqua, vaste colonie di aglio ursino e molti ontani prostrati sulla roggia: ce ne sono davvero tanti e questo è confortante, vista la quasi scomparsa di questi alberi preziosi in lunghi tratti di fiume. In un gruppo di platani contiamo circa dodici tronchi! E ancora ontani, sull’una e sull’altra sponda.
Nell’acqua le prime pianticelle di crescione d’acqua (che ne indica una certa purezza) e quello che potrebbe essere gramignone d’acqua.

La roggia scompare all’interno del depuratore e si è costretti, da un pino strobo e dalla recinzione, calpestando alcuni grossi sassi, a tornare sulla ciclopedonale.

Anche il versante vallivo trasuda acqua: ce lo conferma la presenza di un altro gruppo di ontani. Si giunge al parcheggio, delimitato da un filare di fotinia (che niente c’entra con questo ambiente). Stessa cosa dicasi per gli abeti rossi piantati a mitigare la vista del depuratore. Vorrebbe sembrare un paesaggio montano (a meno che gli esperti non li considerino utili per favorire la biodiversità), ma un salice bianco afferma prepotentemente che questa è una “zona umida”.

Siamo in località “Crotto”. Qui sorgeva un’antica trattoria (ora Kapuziner Platz) facilmente raggiungibile dai sentieri e dalle carrarecce provenienti dai pianalti di Castelseprio, Cairate e Lonate Ceppino.

Il toponimo “Crotto” potrebbe derivare dal fatto che la trattoria fosse originariamente costruita a ridosso del conglomerato o di un’antica frana o che utilizzasse un anfratto naturale (dove la temperatura si mantiene costante in estate e inverno) per conservare cibi e bevande.

Il Casello n. 5 è ora sede del Museo Ferrovia della Valmorea ed è aperto stagionalmente la Domenica. Questo Casello è stato custodito, per molte decine di anni, dalla Signora Orsolina. Era una signora molte dolce e sensibile, che parlava volentieri della vita passata a stretto contatto con l’umore mutevole del fiume Olona. La sua porta era sempre aperta ai passanti ed aveva sempre un bicchiere d’acqua, uova fresche o qualche fiore del suo giardinetto da donare.

Il secondo percorso lungo la ciclopedonale parte dal “fontanile dell’ontano. Torniamo verso la ciclopedonale percorrendo la stradina tra piante di olmo campestre e riattraversando i binari della ferrovia Valmorea. Sul pendio di fronte una fitta boscaglia di robinie, aceri, noccioli, fusaggine e sottobosco ricco di felci.

Voltando a sinistra, lo sguardo è attratto dalla bianca e fitta fioritura di aglio ursino nella boscaglia in leggera pendenza, dove proseguono i binari dismessi e spicca il rosso-arancio di alcuni tronchi di ontano tagliati. Per fortuna, lungo la roggia sottostante ne sopravvivono ancora molti.

Anche il versante vallivo trasuda acqua: ce lo conferma la presenza di un altro gruppo di ontani. Si giunge al parcheggio, delimitato da un filare di fotinia (che niente c’entra con questo ambiente). Stessa cosa dicasi per gli abeti rossi piantati a mitigare la vista del depuratore. Vorrebbe sembrare un paesaggio montano (a meno che gli esperti non li considerino utili per favorire la biodiversità), ma un salice bianco afferma prepotentemente che questa è una “zona umida”.

Siamo giunti anche in questo caso in località “Crotto”. Questo Casello è stato custodito, per molte decine di anni, dalla Signora Orsolina. Era una signora molte dolce e sensibile, che parlava volentieri della vita passata a stretto contatto con l’umore mutevole del fiume Olona. La sua porta era sempre aperta ai passanti ed aveva sempre un bicchiere d’acqua, uova fresche o qualche fiore del suo giardinetto da donare.

a cura di Giuliana Amicucci Dal Piaz

foto di Marino Bianchi. Alberto Pala, Giuseppe Goglio

 

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