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Voci da Naturandia - Itinerario n.6
Fagnano Olona-Gorla Maggiore-Fagnano Olona

 

Indice


Parcheggio fondovalle Fagnano-Balzarine-Cascina Gitti-San Vitale-Cava Pigni-Parcheggio fondovalle Fagnano

Si parte dal fondovalle di via del Carso, attraversato dalla pista ciclabile e dai binari della ferrovia Valmorea ferrovia Valmorea.
Qui nel 1925 venne costruito un ponte al servizio della ferrovia di valle e nel 1926 la stazione ferroviaria (abbattuta nel 1988) di Fagnano, ai piedi della collina delle Balzarine. Una colonia di bambù cresce all'inizio della pista ciclabile in direzione Cairate.

Si sale l'antica scaletta in ciottoli, si scende a destra e si imbocca la strada sterrata sulla sinistra, via Cascina Tognola. Della vecchia cascina resta solo, secondo il signor Remo Faré, il caratteristico edificio del vecchio fienile. Si prosegue in via Tognola fino ad intersecare la via Balzarine.

Le Balzarine, un piccolissimo centro abitato sul pianalto, al riparo dai capricci del fiume (noto ora anche per L'Agriturismo omonimo), il cui nome deriva forse dai vecchi terrazzamenti a balze che costituivano il versante vallivo.

Superato l'abitato sulla sinistra, seguiamo la strada sulla destra, ora sterrata. I boschi sono formati prevalentemente dalla robinia, reginella invadente, ma ancor più lo è il pado che qui la fa da padrone: alberi veri e propri e tantissime giovani e prepotenti pianticelle.

A un incrocio, i cartelli dei sentieri indicano le direzioni. Consiglio di fare sempre molta attenzione: capita che i cartelli vengano manomessi da qualche buontempone. Portate sempre una cartina con voi. Un cartello indica "Il podere": seguire la strada sterrata che porta verso la cascina restaurata sulla sinistra.

A sinistra del sentiero i vasti campi aperti e lavorati, a destra un grande ciliegio selvatico in fiore, sambuco, scurissime macchie di pungitopo e fusaggine o berretta del prete con le prime foglioline. L'agricoltura qui non ha mai potuto essere redditizia, a causa di un terreno molto sassoso, memoria delle passate glaciazioni.

Nel giardino del casolare un ciliegio candido è in piena fioritura. Tra la vegetazione un agrifoglio femmina ancora pieno di bacche.
La stradina si affossa leggermente, seguendo l'incisione di una valletta scavata dall'acqua. Il colore dell'erba e della vegetazione circostante, alla nostra destra, fanno pensare che qui scorresse un tempo, un rigagnolo d'acqua. (L'abbiamo poi ridiscesa con difficoltà, ostruita com'è da tronchi e ramaglie abbandonati dopo il taglio della vegetazione, per raggiungere il Lazzaretto e la cava Pigni).

La strada (un vecchissimo acciottolato) curva a destra e sale leggermente. Il sottobosco è tappezzato di pervinca, un'erbacea spontanea sempreverde e strisciante, con foglie lisce e lanceolate di un bel verde acceso; i fiori sono singoli, di forma tubolare con cinque lobi, disposti come un'elica, dal tipico colore blu-viola, pervinca appunto. Il nome "vinca" deriva dal latino
"vincire", che significa legare, per via dei fusti che sono sottili e flessibili e si intrecciano nel terreno.

Il sottobosco è pieno anche di anemone bianco, una pianta erbacea di piccole dimensioni (raggiunge massimo i 30 cm di altezza). Sul fusto eretto la lamina fogliare è divisa in tre lobi lanceolati, con profondi segmenti ed un solo fiore di colore bianco con 6 petali.
Biancospino, fusaggine o berretta del prete, sambuco, noccioli e pado vegetano ai lati della stradina e rendono fitti i boschi. Notiamo le prime querce rosse, facilmente riconoscibili dal tronco alto e molto liscio. In estate sarà più facile identificarle, quando saranno piene di foglie.

Sulla sinistra bellissimi campi aperti, circondanti da bosco, di un verde brillante. Anche qui molte pervinche ed anemoni bianchi.
Grosse pozzanghere costringono a deviare nel bosco per un breve tratto. Bisogna sempre fare molta attenzione alle radici sporgenti e ai rami di rovo: pungono e quelli striscianti fanno inciampare con rischio di cadute.

A sinistra alcune piante di sambuco, normalmente arbusti, che qui sono veri e propri alberi! Alla nostra destra, invece, si apre un vastissimo campo, solcato da due unici filari di viti, relitto di un antico vigneto*.

I filari di vite (pantéi) tra gelso e gelso facevano parte del panorama che si presentava alla vista di chi attraversava la nostra campagna… … E ancora nel 1777 le Orsolinne concedono in affitto un campo "Per piantar viti a patto che vengano piantati anche moroni"… Il Re longobardo Rotari prescriveva nel suo editto: "Se qualcuno deliberatamente avrà sradicato una vite da un filare, paghi un soldo". E ancora "Se qualcuno avrà tolto un palo da una vite, paghi sei soldi". E con un altro articolo "Se qualcuno taglierà un ramo ad una vite, paghi mezzo soldo"… ben tre articoli in merito, mentre per le altre piante alberi, ecc. troviamo un solo articolo.Non va dimenticato che il vino,come il pane, era moneta di scambio, come ci dimostrano vari documenti che ci parlano di "Panis et Scutella de cambio". Ul ven da Büsti – Strenna del "Magistero dei Bruscìtti" compilata da Luigi Giavini e Angelo Grampa 1987

Per dare un'occhiata al fondovalle, si può abbandonare la strada e, senza danneggiare il campo coltivato, giungere in prossimità della rete: nella valle sottostante si vedono il fiume Olona e la pista ciclabile, il Tiro al volo e Fagnano Olona sul pianalto opposto.
Si ritorna sulla sterrata via San Vitale percorrendola fino al bivio con via S. Rossi, per proseguire poi diritto in via Roma.
Sulla destra una fitta siepe di abete rosso e pino strobo delimita una proprietà privata. Nella proprietà a sinistra se ne vedono parecchi esemplari.

Di fronte, a sinistra, si vedono le sagome di cedro dell'Himalaya e cedro dell'Atlante. Tutti questi alberi avrebbero meritato, vista la dimensione che le chiome raggiungono, un po' più di spazio.
Curvando a destra alcuni Platani accompagnano verso la Chiesa di San Vitale. Dalla terrazza del piccolo piazzale un tempo si poteva ammirare la Valle Olona. Ora la vista è preclusa da un grande abete rosso, da robinie piene di edera e vegetazione varia. Un vero peccato!

Sul lato orientale della Valle spicca solitaria la piccola Chiesetta dedicata ai Santi Vitale e Valeria, posta sul limitare del declivio, quasi a
sentinella per un lungo tratto d'Olona. Discosta dall'abitato di Gola Maggiore e sita in luogo salubre, Don Pietro Corno, parroco di Gorla Maggiore (1900-1915) al momento della sua entrata in paese, avvenuta il 16 Settembre dell'anno 1900, scriveva sul "Chronicorum" queste testuali parole "davanti all'Oratorio, vi è una piazzetta da cui si gode una vista incantevole, sembra di vedere un'angolo della fantastica Savoia".

Diciamo subito che la piccola Chiesetta, un tempo chiamata anche "oratorio" o "cappella", venne costruita in tempi sconosciuti, certamente antichissimi, (non comprensibili con l'attuale struttura), da collocarsi in un periodo culturalmente vicino al periodo Longobardo.

A questo popolo, secondo le opinioni di insigni studiosi, come Mons. Palestra e Mons. Cazzani, vengono attribuite le dedicazioni delle chiese o altari ai Santi Vitale e Valeria". Testo del signor Luigi Carnelli

Poste a far da confine alle scuderie, notare le traversine dell'ex ferrovia Valmorea. Percorrere ancora la via Balzarine fino alla deviazione che porterà, con un comodo sentiero, prima al Lazzaretto e poi alla ex-cava Pigni.
Nel bosco ancora spoglio, tra le robinie, spiccano le foglioline delle giovani pianticelle infestanti di pado e le macchie scure del pungitopo.

Una lunga rete piantata a delimitare la proprietà non sa di essere d'ostacolo agli spostamenti della piccola fauna selvatica. Forse hanno scambiato "rete ecologica" per "rete metallica".

Raggiungiamo la Croce del "lazzaretto", in un luogo tanto trascurato da mettere malinconia: non ripensando alla sofferenza umana di cui è stato testimone, ma costatando quanto siamo lontani dal rispetto dei luoghi e dal culto della manutenzione: panchine arrugginite, panche in legno distrutte e abbandonate, ecc.

Si scende per raggiungere la stradina che costeggia il Tiro al piattello e si gira a sinistra. Dopo un centinaio di metri si giunge alla ex cava Pigni, ora bonificata.

Si può lasciare la stradina per salire ed ammirare i conglomerati ed i depositi Würmiani dell'alta parete sovrastante: milioni di anni di storia geologica della Valle Olona cementati su sabbia e sassi. Sassi che rotolano spesso verso Valle, fermandosi sul colmo della bonifica. La vegetazione ai piedi della costa è tipica di zona umida.
Ci riportiamo sulla pista ciclabile e vale la pena fare qualche passo indietro per ammirare i riflessi del gigantesco pioppo nero, che sembra
proteggere la costruzione fatiscente, testimonianza di un glorioso passato.

Qui è facile poter avvistare aironi cinerini, folaghe, germani reali e gallinelle d'acqua.
Acqua e ancora acqua…
E non solo quella del fiume…

Ne è testimone la vegetazione della zona sottostante l'ex cava, una piccola zona umida dove vegetano pioppi neri, ontani neri, salici bianchi, carici, cannuccia di palude, giglio d'acqua, salcerella, tifa o mazzasorda, ecc. ed abitato, come sosteneva l'Arch. De Cesare, dal tritone crestato (questo anfibio vive solo in acque pulitissime). E la vegetazione sul lato opposto, verso il fiume, formata da molti salici bianchi.

Sulla ciclopedonale un gigantesco pioppo nero si è curvato sopra la stradina puntellandosi sul lato opposto con uno dei suoi grossi rami. Forma così un magnifico arco naturale, vero miracolo della Natura.

E' doveroso ricordare le acque sorgive dei Peschelli (o Pasquèi), poste in prossimità dell'attuale impianto sportivo del tiro al piattello, allora sorgive abbondanti di acque pure e fresche…" Luigi Carnelli Il fiume Olona Le acque La storia I mulini

All'altezza di un'enorme quercia sulla sinistra, sotto la recinzione del tiro al piattello, l'acqua di una di queste fonti sgorga limpidissima dal terreno e va ad abbeverare i numerosi pioppi neri, ontani neri e salici bianchi che qui vegetano rigogliosi.

E linguaggio d'acqua parlano tutti questi vasti prati: acque che affiorano o ristagnano abbondanti nel substrato, offrendo in primavera, lo spettacolo di una colonia di gigli d'acqua protetta dall'ombra di un gelso.

Sul pianalto, a dominare la Valle, spicca la sagoma del Castello di Fagnano Olona, situato al centro del paese, sulla sponda destra dell'Olona e presenta ancora evidenti le sue massicce strutture fortificate. In origine la pianta del fortilizio era quadrilatera, con quattro corpi di fabbrica attorno al cortile e due torri angolari.

Questa è ancora la parte che sussiste sul lato nord del complesso, con struttura quattrocentesca. Nel secolo seguente si eseguirono opere di ampliamento attribuite a Gaspare Visconti, così da raddoppiarne la superficie verso sud, con i corpi ed il secondo cortile rivolti verso il paese. Attualmente il castello presenta così questa duplice struttura.

Verso la piazza, dove attorno corre l'asciutto fossato, si apre l'ingresso principale a cui si accede da un ponte che scavalca il fosso. Il portale barocco con cornice bugnata e due colonne laterali in sarizzo da l'accesso al primo cortile.

Sopra corre una balconata elegante, mentre ai lati sono i corpi di fabbrica aggiunti alla fine del 1500. Dall'alto di una torre è possibile godere una magnifica vista del Monte Rosa. La muratura in mattoni e l'aspetto delle nuove ali certamente ingentilisce le forme severe del castello, attribuendogli oggi più il carattere di palazzo residenziale che di fortilizio. Entrati nel cortile un triportico passante con pilastri pugnati divide il primo dal secondo cortile e la suddivisione risponde alla reale separazione tra la parte nuova barocca e la parte antica quattrocentesca.

Il secondo cortile presenta sulle pareti tracce di affreschi policromi con stemmi ed elementi decorativi. Sotto l'intonaco scrostato si può leggere ancora l'andamento delle cornici in cotto delle finestre quattrocentesche, con arco a pieno centro e a centro ribassato, oggi murate. Sul lato nord del cortile c'è uno stemma con biscione visconteo e ai lati le lettere F R.

Anche verso il porticato c'è un tondo con biscia viscontea e le lettere gotiche F M, forse lo stemma di Filippo Maria Visconti che deteneva il castello nella metà del quattrocento.

Altra pietra con stemma visconteo si trova sul portale che da l'accesso allo scalone per i piani superiori. Tra il primo cortile e il secondo a nord, sono ai lati le due torri originarie del castello.

La torre di sinistra, ribassata rispetto all'edizione primitiva è stata intonacata. Verso la facciata principale si ha una finestra ricavata su di una precedente, ad arco a pieno centro. Nella parte superiore corre una cornice di mattoni a dente di sega, caratteristica tipica delle strutture viscontee.

La torre di destra è integra nella sua struttura muraria in mattoni. Una decorazione con i tipici denti di sega (che si ritrova nei castelli visconteo sforzeschi della pianura), corre lungo tutta la fascia mediana. Sopra ci sono due finestre per ogni lato, ad arco ribassato, alcune murate. Il tetto poggia sul coronamento dei merli ghibellini che concludono la parte superiore senza sporto.

Sul lato esterno, a sud est dell'edificio, si nota chiaramente la cesura tra il primo ed il secondo corpo, aggiunto successivamente.
Sulla parete del corpo quattrocentesco corre all'altezza del secondo piano una serie di merli, poi integrati nella costruzione, che denota l'antico andamento della muratura e la successiva trasformazione in epoca barocca.

Il castello viene considerato l'antemurale di Castelseprio ed è citato nelle lotte tra i Torrioni e i Visconti. Nel 1451 il Castello di Fagnano fu affidato da Francesco Sforza a Filippo Maria Visconti conte di Albizzate (ramo che si estinse nel 1514) e confermato allo stesso nel 1470 dal duca Galeazzo Maria Sforza. Nel 1500 il castello era ancora in piena efficienza e partecipe delle lotte che interessarono il gallaratese tra ducali, spagnoli e truppe francesi. L'Imperatore Carlo V nel 1551 concesse il titolo di Conte di Fagnano a Vitaliano Visconti Borromeo.

A Gaspare Visconti, che succedera' a Carlo Borromeo nel 1585 come Arcivescovo di Milano, sono attribuiti i lavori di ristrutturazione del castello gia' rovinato nei decenni precedenti.

Nel trasformato castello l'Arcivescovo Gaspare Visconti trascorreva i periodi estivi e qui si rifugiò durante l'epidemia del 1587-88.
Nel 1674 il feudo fagnanese era tenuto congiuntamente dai Visconti di Fontaneto e dai Visconti Borromeo.

Il feudo venne abolito il 24 maggio 1798. Il castello, dopo alcuni passaggi di proprietà, è oggi di proprietà del Comune di Fagnano Olona e sede degli uffici comunali.

Dopo un centinaio di metri si giunge al parcheggio dove termina il nostro itinerario

a cura di Giuliana Amicucci Dal Piaz

foto di Marino BIanchi

 

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